LA DISCARICA DI POMPIOD NON DEVE ESSERE RIAPERTA !

Comunicato stampa congiunto di Valle Virtuosa e Legambiente VDA.

Dopo anni di approfondimenti e verifiche, le Associazioni Valle Virtuosa e Legambiente VdA chiedono con fermezza la revoca di tutti gli atti amministrativi di concessione e rinnovo relativi alla gestione della discarica di rifiuti speciali inerti di Pompiod, nonché la sua bonifica e
chiusura definitiva.
Numerose criticità sono emerse in fase processuale (molte delle quali ad oggi irrisolte), dalle irregolarità amministrative a quelle gestionali, che potrebbero arrecare potenzialmente gravièpdanni per l’ambiente e la salute pubblica, e a nostro parere in contrasto con le normative nazionali ed europee violando i normali criteri di prudenza in materia.
Tra le principali ragioni che impedirebbero la riapertura della discarica, riteniamo utile ricordare le seguenti:
1. Mancato aggiornamento della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA)
Le modifiche autorizzate – aumento dei volumi, cambiamenti morfologici e ampliamento delle tipologie di rifiuti – richiedono un aggiornamento della VIA, ad oggi assente, in violazione delle normative vigenti.
2. Mancato rispetto dei criteri di ammissibilità per rifiuti inerti
La discarica non soddisfa i requisiti europei per il conferimento di rifiuti non pericolosi, come a suo tempo confermato dal parere tecnico dell’ARPA Valle d’Aosta.
3. Contrasto con il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti
Il piano regionale prevede solo impianti per materiali inerti da demolizione e costruzione, escludendo rifiuti speciali.
4. Non conformità ai criteri costruttivi
La discarica non rispetta i criteri normativi per l’ubicazione, specialmente riguardo ai CER autorizzati e alle deroghe concesse, senza motivazioni adeguate.
5. Inadeguata distanza dall’abitato e dall’area agricola
La discarica si trova a meno di 70 metri dall’abitato di Pompiod, circondata da vigneti, frutteti, pascoli, allevamenti di bestiame e un deposito di fontina. A breve distanza sorgono il sito
storico-paesaggistico del Castello di Aymavilles e le Miniere Abbandonate di Pompiod, le cui gallerie sono inserite nella rete ecologica europea Natura 2000 per la tutela di rare specie di
chirotteri (pipistrelli) che le abitano. Questa situazione viola il principio di precauzione stabilito dall’art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che impone comportamenti prudenti in presenza di rischi.
6. Barriera di confinamento insufficiente
La barriera di confinamento non rispetta lo spessore richiesto, specialmente sulle pareti dell’argine di valle e sulla scarpata meridionale. Non è stato inoltre presentato nessun calcolo per valutare la resistenza del telo in PEAD, che non garantisce sufficiente durabilità e
resistenza, soprattutto in caso di cedimenti del materiale sottostante, considerando che i rifiuti, una volta completata la discarica, raggiungeranno uno spessore di circa 24 metri con un carico significativo sul fondo.
7. Carenza di indagini geotecniche e rischio di instabilità
La documentazione progettuale non contiene adeguate indagini geotecniche sui materiali sottostanti la discarica, che è stata già in passato oggetto di indagini giudiziarie per irregolarità.
Esiste un rischio elevato di instabilità della massa dei rifiuti, soprattutto in considerazione dei cambiamenti climatici in atto e del fatto che la discarica si trova in una zona a medio rischio di frane, soggetta a vincoli idrogeologici.
8. Controllo insufficiente delle polveri
Il piano di sorveglianza e controllo è carente riguardo ai sistemi di contenimento e abbattimento delle polveri. Non sono mai stati installati i cannoni nebulizzatori previsti dal piano di gestione operativa, e la superficie dei materiali depositati non viene mantenuta
costantemente umida, come invece previsto dalle norme.
9. Monitoraggio inadeguato delle acque sotterranee
Il sistema di monitoraggio delle acque sotterranee non rispetta le prescrizioni di legge, aumentando il rischio di contaminazione della falda acquifera.
10. Conferimenti illegittimi accertati dalla Procura
La Procura ha contestato smaltimenti illeciti effettuati dal giugno 2018 (anno di riapertura della discarica) fino all’agosto 2019. Dalle verifiche, inclusa una consulenza tecnica per la caratterizzazione dei rifiuti, sono stati riscontrati conferimenti non autorizzati, tra cui:
• 346,68 tonnellate di terre e rocce da scavo contaminate da mercurio;
• 193,49 tonnellate di scorie di fusione con antimonio e indice fenolo superiori ai limiti autorizzativi;
• 659,20 tonnellate di pietrisco per massicciate ferroviarie contenente fibre di amianto crisotilo;
• 312,76 tonnellate di scorie non trattate con valori di pH tali da rendere il rifiuto pericoloso;
• 1.765,50 tonnellate di rifiuti da dissabbiamento con idrocarburi pesanti e oli minerali oltre i limiti consentiti;
• 205,08 tonnellate di pietrisco ferroviario contenente amianto.
11. Disagi per la popolazione
La presenza della discarica provoca disagi continui alla popolazione locale, soprattutto in termini di traffico di mezzi pesanti e diffusione di polveri nell’atmosfera.
12. Incompatibilità con gli obiettivi turistici della zona
La discarica è in contrasto con gli obiettivi di valorizzazione turistica e culturale del territorio, come il recupero del percorso di valorizzazione dell’antico Ru d’Arberioz, un canale di 11 km, per la cui riqualificazione paesaggistica sono stati spesi circa 274 mila euro con fondi pubblici
per favorire lo sviluppo di attività di turismo pedonale, ciclabile e ippico (Intervento paesaggistico con vincolo idrogeologico e supervisionato dall’Assessorato all’Agricoltura e dalla Soprintendenza della Valle d’Aosta.
13. Incompatibilità con le nuove normative in materia di rifiuti inerti
Nonostante il recente aggiornamento del volume IV del piano regionale dei rifiuti che declassa i fattori di esclusione in fattori di attenzione in caso di rinnovo, la riapertura della discarica di Pompiod sarebbe comunque impraticabile perché la precedente concessione, essendo priva della procedura di VIA, non è valida e quindi non rinnovabile.
Una gestione poco trasparente dei rifiuti inerti
Lo studio commissionato dalla Regione all’ARPA, che suggerisce la necessità di riaprire Pompiod, presenta diverse lacune. Ad esempio, le stime sulla durata residua delle discariche non tengono conto del tasso di riciclo degli inerti, già al 74% in Valle d’Aosta. Ciò implica che
solo il 26% dei rifiuti inerti dovrebbe effettivamente essere smaltito in discarica. Di conseguenza, una semplice proporzione mostra che la durata residua delle discariche risulterebbe circa quattro volte superiore rispetto a quanto stimato nello studio ARPA.
Nonostante ciò, “per sicurezza,” nell’eventualità della realizzazione di grandi opere, ARPA ha ipotizzato anche un fabbisogno di smaltimento pari al doppio della quantità media di rifiuti prodotti tra il 2013 e il 2021. Si tratta di stime evidentemente poco attendibili, che gonfiano il
fabbisogno di nuove discariche, giustificando in modo improprio la necessità di riaprire Pompiod.
Valle Virtuosa e Legambiente VdA non escludono di adire alle vie
legali per impedire la terza riapertura della discarica di Pompiod
Questa insistenza nel voler riaprire la discarica solleva dubbi sulla reale tutela degli interessi della comunità e dell’ambiente. Valle Virtuosa e Legambiente VdA sono pronte a considerareogni azione legale necessaria, inclusi ricorsi al Consiglio di Stato, per garantire che il diritto alla salute pubblica e alla protezione ambientale vengano rispettati

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Aosta, 11 novembre 2024

Strage di volpi in VDA : Legambiente scrive all’Assessore Carrel

Gentile Assessore, siamo qui a segnalarle un eccesso venatorio a cui occorre porre rimedio.

A fine maggio 2024, durante una riunione della Consulta faunistico venatoria, un rappresentante della Consulta segnalava che in una zona del proprio Comune le volpi ribaltano i mastelli delle immondizie alla ricerca di cibo. Da particolare e locale il problema viene posto come generale, e lo spietato delegato propone di dare un premio ai cacciatori che uccidono le volpi, su tutto il territorio regionale, riconoscendo loro una nota di merito, cioè un bonus, nell’assegnazione dei capi di ungulati da abbattere nella stagione venatoria successiva.

L’assemblea rispondeva che non ci sono tetti al prelievo di volpi (chi vuole già adesso è libero di cacciare le volpi, senza bisogno di introdurre incentivi) e dirottava l’eventuale questione al Comitato regionale per la gestione venatoria, l’assessore Carrel evidenziava che non verrà inserita alcuna premialità all’interno del Calendario venatorio e il rappresentante delle associazioni ambientaliste si esprimeva nettamente contro il messaggio da marketing venatorio.

La proposta veniva a questo punto ripresentata, nelle settimane successive, all’interno del Comitato regionale per la gestione venatoria e, con voto nuovamente contrario della rappresentanza ambientalista, favorevolmente accolta.

Adesso, a stagione venatoria avanzata, vengono segnalate decine di carcasse di volpi abbattute e abbandonate nei prati e nei boschi, tanto che il Comitato ha dovuto fare una circolare interna invitando ad atteggiamenti più civili riguardo lo smaltimento o l’occultamento degli animali (la cui carne non è di interesse commestibile). Se in passato in Valle venivano mediamente uccise 5 volpi all’anno, è possibile adesso ipotizzare la strage di centinaia di volpi.

Eppure le volpi mangiano topi e altri piccoli animali, fanno parte dell’equilibrio biologico, sono anche una attrazione turistica al pari di tanti altri animali presenti sui nostri territori. La fauna selvatica è patrimonio della comunità, appartiene a tutti e non ai soli cacciatori; e riguardo ai rifiuti urbani si possono sicuramente trovare altre soluzioni.

Riteniamo questa disposizione un eccesso venatorio.

Chiediamo quindi che l’amministrazione regionale elimini il bonus che il Comitato per la gestione venatoria si è autoassegnato, intervenendo in tal senso direttamente nel prossimo Calendario venatorio.

PIÙ RUSPE CHE CAMOSCI IN VALLE D’AOSTA

Quest’estate sulle montagne della Valle d’Aosta abbiamo visto più ruspe che camosci”: questo ci ha detto una turista abituale della Regione.

In effetti, in Valle di ruspe in azione ne vediamo tante e da sempre. La novità (per noi negativa) è il fatto che le ruspe salgono sempre più in alta quota, ai piedi dei ghiacciai e sopra i ghiacciai, in una rincorsa nei confronti dei cambiamenti climatici.

Abbiamo denunciato nell’autunno passato lo sconvolgimento del ghiacciaio ai piedi del Cervino per realizzare la pista per la Coppa del mondo e, in primavera, abbiamo segnalato gli ingenti movimenti terra che hanno stravolto i connotati del territorio sopra Pila per realizzare le nuove piste e gli impianti legati al ristorante a forma di stella.

Quest’estate è stata la volta del comprensorio sciistico a monte di Champorcher. Sbancamenti e scavi per creare un invaso di innevamento artificiale a Laris, utilizzando le acque dell’omonimo torrente e quelle del torrente Ayasse. In questo caso quello che è particolarmente grave è il fatto che, per creare l’invaso, si è in gran parte distrutta una torbiera, che rappresenta un archivio naturale e antropico, un ecosistema altamente fragile, importante e tutelato a livello europeo.

Una torbiera è un vero documento storico-archeologico, oltre che un biotopo raro e interessante, ci racconta la storia a partire da più di 11000 anni fa, contiene la storia del clima e delle sue variazioni, attraverso l’avanzata e il ritiro dei ghiacciai e il loro rapporto con le popolazioni preistoriche e protostoriche.

I pollini contenuti all’interno della torbiera ci raccontano la storia degli ultimi 3000 anni.

L’importanza biologica e scientifica delle torbiere è stata avallata di recente dagli studi di Cesare Ravazzi e di Elisabetta Brugiapaglia effettuati all’alpe Cortlys e nel Vallone San Grato.

L’ottima conservazione del sito di Laris poteva favorire lo studio e l’analisi della frequentazione umana nei secoli e della coltivazione di cereali, ben documentata dalla presenza di un “grenier” a una quota di 1900 m.s.l.m. in stato di degrado.

L’intensa frequentazione e uso dei pascoli è anche dimostrata dai documenti storici fin dal XIII° e XIV° secolo.

La creazione dell’invaso comporta l’asportazione dei depositi torbosi con scavi e sterri alti anche oltre i 3 m., lo scavo di profonde trincee per posizionare le condotte di innevamento. Per favorire le piste il terreno viene rimodellato nelle pendenze, con scavi e riporti che interessano un’area molto ampia

Ricordiamo che vicino al futuro invaso c’è un piccolo nucleo di antiche abitazioni, il che dimostra che i luoghi erano già frequentati, almeno nel periodo estivo, già nel Medioevo.

L’intera asportazione della porzione torbosa andrebbe a cancellare un potenziale archivio di informazioni millenarie sull’evoluzione di questo settore alpino e sulle trasformazioni che questo ha subito per conto dell’uomo nell’arco di questi ultimi secoli”: così si conclude la Relazione archeologica preventiva sul sito predisposta a cura di Mauro Cortelazzo e Ada Gabucci.

 

Per quanto riguarda le finalità e le conseguenze dell’intervento, riconosciamo che, almeno al momento, gli amanti dello sci siano molto più numerosi rispetto a quelli interessati alla storia, alla natura e al paesaggio.

Però potrebbe venire il giorno in cui, venendo a mancare del tutto la possibilità di produrre la neve artificiale, magari si rimpiangeranno le risorse naturali distrutte: le scelte attuali condizionano infatti le prospettive future.

Un po’ di lungimiranza non guasterebbe.

 

Serve davvero sacrificare l’intera alberatura del Tesolin?

Legambiente ha raccolto alcune voci in merito all’imminente rifacimento dell’impianto di atletica di Aosta, il campo scuola Tesolin, che ha visto crescere e cimentarsi intere generazioni di studenti e di atleti nelle varie discipline del nobile sport.

Diciamolo pure: era ora che si mettesse mano alla pista, ormai in stato di avanzato disfacimento, ma la novità è che si vuole ampliare la struttura dalle 6 alle 8 corsie. Il motivo pare essere quello di potervi svolgere gare internazionali.

La voce che gira è che, nonostante i lavori di ampliamento, la struttura non soddisferà comunque le condizioni per l’omologazione per competizioni di tale livello.

Non sarebbe un fatto eccezionale, nella memoria ci rimangono i recenti ricordi della piscina di Variney, che era stata costruita in fallo di pochi centimetri, tanto da permettere solo le gare tra scapoli e ammogliati. 

Pare che il progetto preveda l’eliminazione dell’intera alberata che divide il campo di gara dal parcheggio di via Garin, più altri alberi interni all’area sportiva.

Siccome Comune di Aosta e Regione investiranno non pochi soldi per il rifacimento dell’impianto, prima di sacrificare tanti alberi e una delle poche oasi di ombra della zona, saremmo contenti che venissero dichiarati pubblicamente quali sono i reali obiettivi e le aspettative in merito al progetto di allargamento della pista, e se le condizioni per l’eventuale omologazione del campo possano essere verificate prima e non dopo l’esecuzione dei lavori.

Processo per il Lago di Lod. Martedì nuova udienza ad Aosta.

Il lago di Lod di Chamois torna in Tribunale ad Aosta martedì p.v. 8 ottobre: riprende il processo per il danneggiamento paesaggistico ed ambientale del Lago, che vede come imputato il Sindaco di Chamois Lorenzo Mario Pucci.
Per circa 3 mesi, da marzo a giugno 2022, il lago non fu alimentato, come abitualmente accadeva; il consistente e preoccupante abbassamento del livello dell’acqua e l’assenza di ricircolo provocarono danni alle specie floro-faunistiche ed allequilibrio dell’ ecosistema, determinando un importante danno naturalistico e paesaggistico.
Legambiente ed il Comitato per la Salvaguardia del Lago avevano segnalato alle istituzioni competenti l’evidente degrado del lago, dando avvio alle indagini.
Nei mesi scorsi Legambiente VdA è stata ammessa al processo come parte civile: martedì saranno sentiti i testi che ha convocato.

SOPRALLUOGO AL COL RANZOLA

Sabato 14 settembre, sfidando le particolari condizioni meteo per giornata di freddo e vento, insieme ad una trentina di soci, di simpatizzanti e di semplici curiosi, Legambiente ha condotto un sopralluogo al Col Ranzola.

Lungo il percorso sono state fatte delle tappe per osservare l’orografia dei luoghi e mettere a confronto ciò che vedevamo con le planimetrie dello studio di fattibilità in mano alle amministrazioni che l’hanno commissionato.

Abbiamo così potuto constatare che non esiste alcuna strada da “riqualificare”: il tracciato – dal lato Gressoney totalmente ex novo – impatterebbe in maniera drammatica sul territorio, andando a tagliare zone tipicamente esposte a dissesto idrogeologico e così indebolendole.

Nel tratto tra le due vallate, una targa ricorda che di qui passò il grande scrittore e filosofo russo Lev Tolstoj, che ne parla nei suoi diari. Intorno al colle si riconoscono manufatti di interesse storico e archeologico.

Nonostante la giornata climaticamente atipica per la stagione, numerose persone transitano, in salita sia da Estoul sia da Gressoney. Tra i curiosi, quelli cioè saliti al colle non “prevenuti”, l’osservazione delle carte di progetto toglie le residue perplessità. Uno di loro ci chiede: “perché spendere milioni di euro per rovinare un posto così magico e renderlo più fragile, in un contesto di cambiamenti climatici che richiederebbe, al contrario, azioni di mitigazione, non opere di ulteriore assalto al territorio?”.

Ecco, forse in questa domanda risiede il centro della nostra opposizione ad un progetto che, vedendo le carte direttamente sul campo, appare ancora più insensato.

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